mercoledì 28 agosto 2013

Mi sembra.

Mi sembra così come me la immaginavo. 
Rossa, arancione e moka.
Anche un po' giallina.
Calda. Enorme.
Da vedere.

Mi sembra. Ma per ora è solo cresciuta in me la voglia di andarci. Come quando vedi i marcarons in vetrina ma non li compri, perchesontuttizuccheroecarie. E poi te li sogni la notte. Ma-fanno-male, dice mamma. Ma-li-voglio, dici tu.

L'Africa non mi sembra né zucchero, né carie. Anzi ci sono tutti gli zuccheri buoni della frutta. Il mango, le banane: quelli veri. Era papaya quella arancione? Non lo so, ma era molto buona. In ogni caso, lei, l'Africa, mi ha fatto lo stesso effetto dei marcarons, perché l'ho vista in vetrina.




Aeroporto, bus, albergo. Gente, tanta gente. Traffico e polvere. Per strada vendono di tutto, ma sopratutto mele e noccioline.

Ci avventuriamo per una passeggiata al fish market. Noi. Le Europee. L'attrazione del pomeriggio.
Mumbo Jumbo! Compra questo quadro, sister! L'ho fatto io e i soldi sono per i bambini orfani! Per te un prezzo speciale, sister! Torna dopo la tua passeggiata! Ciao bella, hakuna matata!
Ma allora lo dicono davvero?!
Solo se gli stai simpatico, ci spiegano.

Tramonto.
Cena. Giapponese.
Sì ho mangiato il sushi in Africa. 
Era l'unica cosa vegetariana. Sushi. Di avocado.
Siamo sempre a Dar es Salaam.
Passo e chiudo. E vado a letto.
Faccio un sogno, la mia vetrina.

Sogno di essere in un villaggio masai, non so come ci sono arrivata né perché. 
Ballano un ballo sardo, anche stavolta non so perché. E pregano che piova. 
Alla fine piove davvero e tutto diventa arancione e giallo come quando piove sabbia in Sardegna. 

Mi sveglio e c'è il gelo nella mia camera. Porto la temperatura a 26 gradi.
Sì siamo ancora a Dar es Salam. 
Io ho freddo.
Mumbo jumbo là fuori dipinge.
Chissà cosa fanno i masai.












sabato 17 agosto 2013

Kitchen

Atteggiarsi a scrittrici esperte, compagne di adolescenza e non solo, e scrivere un pezzo chiamato Kitchen alle sei della mattina.

No, è che ho i miei motivi anche io. 

E la mia cucina e l'insonnia sono le mie muse ispiratrici stavolta. Cavolo, oggi che potevo dormire un po' di più. Mammenomalechelayoshimotocè. Sì ho quasi ventotto anni e leggo ancora Banana Yoshimoto, soprattutto quando sono giù di morale.

Solo che a lei piacciono tutte le cucine, anche quelle sporche. A me no.
Con le cucine sporche io ci litigo.
Mi offendo.
Le ignoro.






La cucina sporca è la negazione di buona parte del mio tempo libero. Quello in cui ti svegli, jetlagged, e hai voglia di stare sola con il tuo tostapane. Il tè al gelsomino e la marmellata di pesche sono gli unici con cui sei in grado di comunicare. Perché non importa quanto poco rassicurante sia il tuo sguardo stamattina: loro sono sempre i più buoni.

La cucina pulita è frullato di banane e datteri a colazione, risotto ai funghi a pranzo e la vellutata di zucca per cena. Che domani provo anche a cucinare la pad thai, ignorando il fatto che senza la salsa tamarindo è come un piatto di spaghetti stracotti e poco conditi. Mannaggiame.

La cucina pulita è il mio caffè dopo pranzo che dura tipo tre ore. Silvia e Jessica mi raccontano le loro vite e i loro progetti. E io penso che nel mio prossimo giorno libero farò una torta al cocco, questa: http://www.food-t.com/2013/08/coconut-and-lime-cake-i-see-humans-but.html .Perché è vegana, mi sembra buona e ogni tanto anche io mi sento così come Agnese. I can see humans but not humanity.

Metto le news, parlano di Egitto.
Appunto.






lunedì 12 agosto 2013

Dall'altra parte del mondo.

Uno, due, tre, otto fusi orari e due valigie mi separano da casa. Dubai-Bangkok, fai un salto, fanne un altro, fai la giravolta e buongiorno Sydney. O buonanotte? Di tanto intanto mi confondo.

Una signorina gentile mi conferma: buongiorno e benvenuta in Australia. Quando dicono dall'altra parte del mondo. Mi addormento perché il mio orologio biologico si trova ancora in medioriente. Mi risveglio dopo qualche ora e mi sento quasi in colpa.


Vado a ripassare quel pochino di Sydney che qualche settimana fa ho visto in modalità bianco-e-Nero-pioggia-a-catinelle. Questa volta  è tutto così azzurro, merito del sole e di quegli occhiali instagram-friendly che mi hanno presentato Sydney in modalità x-pro con contrasto elevato. Li tolgo e a dire il vero è tutto ancora più azzurro ma li rimetto perché il sole spacca le pietre e le mie pupille. Dicono che sia inverno ma ci sono 24 gradi. Indosso con piacere una sciarpa che però dopo un po' son costretta a togliere. Tentativo di inverno-senza-se-e-senza-ma fallito. Sarà per la prossima Londra.

Dall'altra parte del mondo è tutto così alto. Gli alberi, le case. Gli uomini. Sono alti e castani e fighi. Le ragazze sono alte anche loro, vestono sportive e fanno jogging a tutte le ore come se non ci fosse un domani. Boh. Ma poi mi ricordo che sono nel futuro, e quindi è già domani nonché weekend.



Sydney mi ricorda le belle giornate in Europa, ma in formato gigante. Le spiaggie sono un po' come io mi immagino la California, immensa, muscolosa e surfeggiante. Le strade invece sono un po' come le ho viste anche a Singapore o Shanghai. Ci sono occhi a mandorla ovunque. Pad thai e sushi te li tirano sui fianchi. I grattacieli sono di casa, fanno compagnia ai laghi, alle paperelle, alle famiglie felici. Ai fighi biondeggianti, alle ragazze in tuta. Io mi diverto a fotografarli al tramonto e alla sera. Per me sono il fascino colpevole della metropoli al buio. Buonanotte. Dall'altra parte del mondo.