Il pubblico era lì tutto per lei, compresa me. Mi ci hanno portata, un
regalo di Natale in anticipo, una serata diversa, elegante, mondana. Perché
non hai fatto danza? Che il teatro ti si addice. Dai, fatti lo chignon. No,
non hai ancora capito niente, ma comunque gradisco – e tanto - il regalo. E mi faccio lo chignon.
E quindi il pubblico era lì per lei, per ammirarla, apprezzarla,
applaudirla come da copione. Perché tanto lo sapevano già tutti che lei è una
principessa. Io, invece, ero lì per
osservarla. E posso dirlo, la bella addormentata non porta calze nere. Non le
porta sul palco, e forse non le porta proprio mai. La bella addormentata porta
il tutù celeste e le calze bianche. Sta in equilibrio minuti interi, è agile,
bella e sicuramente brava a scuola. È giovane e magra. È anche bassa, ma le
punte dei suoi piedi sono fatte per elevarla all’infinito – secondo il pubblico
– e per farla roteare come una trottola – secondo me. Però dai, è brava. O
almeno credo.
Ma veniamo alle calze. Sono b i
a n c h e. E poi mi chiedi perché non ho fatto teatro. La calza nera è per me
una sorta di credo, che supera la moda del momento e che merita una fedeltà
pari a quella per lo skinny jeans scuro, amico inseparabile di molti stivali,
zeppe, converse, decolleté o chi per loro. La calza nera è giorno e notte
perché va bene con tutto. La calza nera è inverno, e a me piace così.
I collant bianco candido della bella addormentata le conferiscono l’aspetto
principesco voluto. Lei è bella, aggraziata, piccola. Dolce. Lei è un confetto.
Le sue calze raccontano di sbarre e specchi, di caviglie e piedi dolenti dolenti.
Le calze nere, quelle che dico io e per-come-le-vedo-io,
invece, parlano di tutt’altro. Parlano di tutto-un-po’. Tipo: piedi dolenti
perché suitacchichecivaiafare, di pioggia inaspettata e mosocazzitua, di datemi-un-martello
checosanevuoifare? A dire il vero saprei pure cosa farmene. Di
ma-perché-oggi-non-ho-messo-i-jeans?
Le calze bianche danno alla principessa forse qualche anno in meno di
quelli che realmente ha. Sedici, dovrebbero essere e 4 i principi che la corteggiano.
Ma lei, fa la splendida. Balla, sorride, tocca un fiore, si addormenta, balla
ancora e dorme di nuovo. Si sveglia dopo 99 anni di sogni d’oro, le stesse
calze, lo stesso chignon perfetto –chedelmioselarideacrepapelle- e qualcuno è
già innamorato di lei. Ma come fai, principessa?
Io, sudo. Le calze, nere, fanno caldo e il coprispalle pure. Trattengo
uno sbadiglio di troppo. Inizio ad abituarmi alla musica e a guardarmi intorno.
Sono tutti o vecchi o marmocchi. Mi rigiro. Un principe biondeggiante bacia la
principessa, la bacia quasi per finta. Ma comunque sembra che la baci. Allora,
il principe ha: due metri di altezza, la muscolatura scolpita, capelli lunghi,
biondi e occhi azzurri mi pare. E un gran bel culo. Oltre che calze bianche.
Pure lui. E scintillanti, giusto per rendere l’idea.
Le mie calze nere, invece, si confondono con il buio della platea. Sono
la storia della mia vita, meno che della mia infanzia, dove qualcuno ha provato a farmele indossare
bianche nel vano tentativo di farmi diventare una principessa. E la storia
della mia vita non ha mai conosciuto principi né piroette, graziealcielo. Loro,
invece, cominciano a roteare insieme, senza quasi sfiorarsi, ballando di un
amore platonico che dura almeno un’altra mezzora. Poi comincia l’andirivieni
dettato dagli applausi del pubblico in composto delirio. E poi, dicono, vissero
tutti felici e contenti.