venerdì 21 febbraio 2014

Cara Europa, ti scrivo

Di sole, neve, pioggia. Té e birra. Spritz e Sangria. Gauffre e odore di burro per le strade, ma talmente tanto che ti senti grassa al solo respirare. Di estati afose e inverni gelidi. Di teste bionde, brune, rosse, qualche lentiggine e quelle gote rosse, per natura, vino o vergogna. Di cose che funzionano, o molto bene o molto male. Di tutto un po'. E a volte anche più di un po'.

Cara Europa, sei quel bagaglio di persone, cose, posti sapori, profumi e bla bla vari che formano una nostalgia indiscussa, ma che sarebbe noioso dipingere come pura e immacolata. Perché in realtà sei un'indecisa cronica e una lunatica senza scampo e me ne hai fatto passare delle belle. Cara Europa, me la spasso di brutto in giro per l'Asia, lo sai? Sì, anche qui ogni tanto ne passo delle belle, ma almeno piove poco. E comunque, cara Europa, sarai sempre le mie primavere e i miei autunni preferiti. Sei come quella da cui tutti tornano, quindi per oggi ti scrivo.

Cara Amsterdam, comincio da te. Perché il primo amore non si dimentica e la prima sbronza nemmeno. Sei quella storia dei muffin aromatizzati alla frutta che mi raccontarono qualche ruga fa. Risposi con gli occhi rossi, e non di emozione. Con una ridarella lunga un giorno intero e il mal di testa più forte della mia vita. Poi ti ho rivisto da sobria e sei sempre la solita scema, anche se non mi freghi più. Te la piovevi di brutto e non è una novità. Te la ridevi di brutto, e anche questa non è una novità.

Cara Bruxelles, cara Maastricht, siete l'Europa che ho sognato per un'università intera. Così formali di giorno, così ubriache la sera. Mi avete insegnato il diritto e la birra, la diplomazia e la sangria. Vi sogno ancora in segreto, qualche volta, nonostante i grattacieli e le nuove prospettive.
Cara Berlino, tu invece sei il mio sogno dichiarato. Sei la Disneyland dei miei quasi trent'anni. Sei come tutta l'Europa vorrei che fosse, sotto il sole, la pioggia, a quaranta o meno dieci gradi. Se ti dovessi descrivere come una donna, saresti una ragazza castana, i capelli lunghi e la frangia che va in giro sfidando la pioggia sotto cappotti e cappelli colorati. Saresti una lettrice incallita e una grande artista. Una scrittrice, una pittrice, una fotografa, una cuoca. Probabilmente mancheresti di costanza, ma non certo di inventiva.

Cara Londra, cara Birmingham, Cara Inghilterra, com'è? Piove sempre da quelle parti? Volevo dirvi due cose. Che a lungo non vi ho considerato Europa, ma che se ora dovessi tornare mi sentirei praticamente di casa. E che il mio ultimo ombrello è già arrivato al suo terzo mese di vita. Inoltre dopo essermi confrontata con l'inglese di mezzo mondo devo ammettere che il vostro accento non è il peggiore. Non montatevi la testa ora però.

Cara Parigi, mi dispiace ma non saresti mai il mio viaggio di nozze, né quello di laurea che ancora devo fare. Saresti però molti dei miei weekend. Camminerei lungo la Senna fino a farmi venire le bolle ai piedi. Ti fotograferei al tramonto da ogni singola angolazione, e sotto la pioggia da dietro una vetrina di un ristorante a Mont Martre. A mangiare zuppa di cipolla. Sì, di cipolla.

Cara Zurigo, mi hai messo il broncio quando ci siamo incontrate e poi torno e mi sorridi di un sole che a spaccare le pietre almeno voleva provarci. Sì, lo so, tra lunatiche ci si intende, quindi è comunque stato un piacere.

Cara Lisbona, sei stata come un appuntamento perfetto. Quello che ci vai piena di dubbi e poi torni ubriaca e felice. Curiosa, figa e con l'autostima alle stelle. Quello che il trucco ha resistito tutta la sera. Quello che proprio non vedo l'ora di rivederti, lo sai?

Cara Italia, lo sai che a Dubai ho mangiato la pizza più buona di tutta la mia vita? E lo sai che a casa ormai cucino più curry che pasta? Lo sai che di fronte a una pad thai impazzisco quanto di fronte a una focaccia? Cara Sardegna, il mare delle Mauritius era cristallino anche lui, la sabbia era più chiara e c'erano gli alberi di mango ai bordi delle strade. Quando ho chiesto il menù vegetariano mi hanno detto che non lo avevano. Ma mi hanno impastato a mano un hamburger di lenticchie e fagioli senza fare troppe domande sul perché e per come non mi andasse di mangiare il pollo o il pesce spada comportandomi da eretica verso le loro tradizioni secolari. E poi mi dispiace, ma lo devo ammettere: il Porto mi piace più del Cannonau, la Leffe più dell'Ichnusa. Però cara Cagliari, mi diverto un sacco a sfoggiare il tuo accento con i miei confidenti migliori in queste terre lontane, a seconda dei casi nei momenti di gioia, divertimento o disperazione. Pace, adesso?