domenica 10 novembre 2013

Behind

Io non lo so cosa mi balla in testa.
Suona quasi bene come chissà cosa bolle in pentola. 
È da perderci tutte le rotelle per la curiosità, da acquolina in bocca, da dita che galoppano nervosamente sul tavolo. Da coltello e forchetta puntati come quando aspettavi le patatine fritte.

Invece poi è tipo bordino di pollo.
O uova sode.
O latte.
Che schifo, insomma.

Comunque, a parte le metafore, nessuna delusione culinaria.

Ho peccato di pigrizia dalla comodità di un letto cantonese, concedendomi la mia trentottesima ora di veglia per crogiolarmi in un curry di patate e broccoli a ritmo di Alanis Morrisette. La mattina dopo mi sono svegliata di soprassalto, come quando sogni di cadere, e mi son resa conto di non aver ancora aperto le tende per guardare fuori. Una tragedia, insomma. Un segnale chiaro che c'è qualcosa che non va.

Comunque poi le ho aperte e c'ho bevuto un'intera tazza di tè verde di fronte. Un grattacielo con una scritta blu in cinese è stata la giusta punizione. Ho quasi sentito i vetri sghignazzare, ehi tu beccati questa! 




Senza nemmeno osare look troppo presentabili, ho abbozzato una treccia e deciso di capire cosa ci fosse dietro quel grattacielo.  C'era una scuola in una piccola collina, e delle adolescenti che giravano in minigonna e calze al ginocchio. Ho camminato per un'altra ora senza meta precisa ma con un occhio al grattacielo bacchettone, giusto per non perdermi. Ho riconquistato il panorama perduto. Poi ho mangiato un dragon fruit color porpora e sognato sushi e tempura che poi mi sono concessa di ritorno in terre arabe. 

C'è qualcosa di instancabile nella cucina giapponese. 
È un po' come i Beatles, non passa mai.