venerdì 14 dicembre 2012

Tribute to Brussels



Alla stazione dei treni, seduta su una valigia molto pesante, con un francese che mi parlava italiano: la mia little dirty Brussels l’ho salutata così. Alle quattro del mattino, assonnata, agitata, incuriosita e con in mano un biglietto per Londra. Avrei sentito una lingua diversa, ma la musica sarebbe stata la stessa: sta-gis-ta.


I miei ricordi di Bruxelles parlano anch’essi quasi tutti italiano. E sono fatti di birra, gauffres e sta-gis-ti come me. Cominciano con una ragazza, veneta, madonnaquantèmagra e chebbellisuoicapelli, che mi apre la porta e inizia a condividere con me la nostra ansia in comune: non abbiamo una casa. Non sapevo ancora che di lì a cinque giorni avrei condiviso con lei la cucina - onta, il mocho e la puzza di broccoli per casa. Excuse-moi cinderella.


Centocinquanta sfumature di grigio, nonodiatemiviprego, colorano il cielo di Bruxelles. Può essere grigio chiaro, grigio scuro, bianco-grigio, ma quasi sempre grigio è. Un manto grigio che ti nebulizza pioggia addosso in con-ti-nua-zio-ne. Pochi mesi dopo l’avrei rimpianta, quella pioggia, sotto i miei mille ombrelli distrutti under the storm a Bemi.

La Bruxelles che ho visto per cinque giorni alla settimana indossa giacca e cravatta e si sveglia presto alla mattina, che le riunioni cominciano at ten sharp, s’il vous plaît. E’ fatta si ascensori affollati e discorsi difficili, fatti da gente elegante seduta in cerchio. Alta diplomazia, la chiamano, e in teoria sono andata all’università per imparare come funziona. La Bruxelles che ho mangiato a pranzo la ricordo con piacere, quasi come il momento più atteso della giornata, anche perché al Justus Lipsius il menù vegetariano è niente male.

La Bruxelles del weekend, invece, mi ha spedito in giro per l’Europa, al freddo di Anversa e di Gand, mi ha invitato a varcare i confini francesi e a ricordare le mie sbronze erasmusiane, a Maastricht, per un giorno. La Bruxelles del weekend è sporca, pericolosa e ubriaca. Sa di frites e di kebab, ma se guardi bene c’è anche il libanese e l’etiope: entra, non te ne pentirai. 


La Bruxelles che ricordo è stata anche un po' ansiosa, perché il futuro albionico faceva paura. Non è stato così male, invece, ma comunque tornerò.

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