giovedì 7 marzo 2013

Tragicommedia



Sono mesi che vivo nell’attesa. Prima di tornare a casa, poi di riandarmene. Me la sono organizzata bene l’attesa, però. Ho riordinato i miei libri e pure i miei vestiti, almeno due volte. Ho fatto addirittura il cambio di stagione. Chemmenefarò, ancora non ho capito. Ma a me piace così.


Nel frattempo ho provato a fare un sunto.
Nell’ultimo anno-e qualcosa ho:




Bevuto tè e birra con mezza Europa. E stento a trarne le conclusioni
Preso treni per mezza Europa. Mi hanno conciliato il sonno e le paranoie
Mangiato. Molto bene o molto male. Ma comunque molto
Fatto e rifatto le valigie. Erano sempre troppo pesanti
Fatto shopping. Vedi sopra
Fatto foto. Con la fotocamera del  d i p l o m a
Coltivato passioni clandestine. Almeno due
Condiviso letti e confidenze. Acqua in bocca
Ballato. Sopra i tavoli o a piedi nudi
Letto più blog che libri. E non me ne compiaccio


Seduta dal dottore, per sdrammatizzare sulla natura del veleno che stava per essermi iniettato, ho riordinato le riviste. Una cosa con cui non riesco proprio a convivere è il caos intorno a me. Perché non concepisco alcuna attesa che prenda le sembianze di precarietà.



3 commenti :

  1. BEATA TE che non concepisci il caos attorno a te. Dentro di me c'è qualcuno a cui piace vedermi soffrire tramite il caos e mi hai definito bene come: con l'idea di precarietà costante. Che nel mio caso poi è sempre solo subconscia, perché "quell'altro" mi anestetizza il recettore di precarietà... E intanto però incasso. Non avevo mai capito l'effetto negativo del caos così bene!

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  2. Forse non hai capito che io intendevo il caos materiale. (libri, vestiti, riviste) :P
    Non sono la persona adatta per fare introspezione di nessun genere!

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  3. Intendevo anche io il caos materiale, esattamente. :)

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